Das Leben vor dem Tod

[…] Le esitazioni sulle scelte chiave del film e la sovrapposizione dei diversi livelli di film e dei making-of, in cui la telecamera è esplicitamente inserita nell’immagine, parlano allora di una riflessività del film che coincide con la riflessione sul rapporto tra padre e figlio.

[…] I momenti di musica – a volte diegetici – sottolineano proprio tale leggerezza, ma aggiungendovi una tonalità enigmatica insieme; in questo modo creano quella peculiare combinazione di mistero e ironia che caratterizza tutto il film di Gregor Frei.

Armin

Lo psicologo Armin Gloor ha deciso che settant’anni di vita sono più che sufficienti e, in piena salute, vuole morire il giorno del suo settantesimo compleanno. È l’occasione per Gregor Frei, figlio del migliore amico di Armin, Goffredo Frei, di imbastire un film su questa decisione anomala, allo stesso tempo tremenda e pacata, lucida e temeraria. Più precisamente è sulla discussione con l’amico Goffredo che si impernia il film, sulle argomentazioni intime e filosofiche dei due sulla vita, la morte, l’amicizia. Se Goffredo sembra incarnare il punto di vista della persona normale – dunque tendenzialmente il nostro punto di vista – colpisce immediatamente la figura istrionica di Armin, provocatore e tagliente, ironico e profondo. La sua razionalità e sincerità crescono fino a profilare un vero e proprio cinismo. Drammatico è dunque il confronto con l’amico Goffredo, anche perché al bisogno ossessivo di controllo e alle incrollabili certezze antimoraliste di Armin – sono le certezze dello scettico –, Goffredo sembra rispondere con più deboli argomenti legati alla sensibilità e agli affetti, alla fragilità e al dubbio.

Godi

Per Armin questo è il diminutivo di Goffredo, che è in realtà il vero protagonista di Das Leben vor dem Tod. Nonostante il tema della morte voluta sembri essere al centro, ripercuotendosi sulla difficile questione del senso della vita, la regia di Gregor Frei predilige ampiamente la figura del padre, con le sua difficoltà ad accettare la scelta dell’amico. È una forma di resistenza alla morte, la sua, che, per quanto non sempre argomentata solidamente, è caparbia anche nell’approssimazione delle parole e dei gesti. Nel contesto che fu libero e selvaggio di un Ticino terra di espressione per gli svizzeri d’oltralpe, quella generazione vive ora la vacanza dell’età pensionistica, che certamente è estremamente difficile da affrontare dopo una vita vissuta quasi sempre da protagonisti. Se Armin sembra avvitarsi in un narcisismo autocelebrativo, di cui la morte scelta e la collaborazione al film sono le espressioni ultime in perfetta sintonia tra di loro, Godi resta legato al suo irrefrenabile bisogno di fabbricare. Sono le sue mani di artista e muratore, abilmente in primo piano nel film, a contrapporsi all’intellettualismo di Armin e alla sua armchair philosophy – così come la vita si contrappone alla morte.

Gregor

La centralità della figura di Godi significa anche la tematizzazione del rapporto di “Papagoffredo” con il figlio Gregor (così si firma con lui). La comune passione per il film è ciò che introduce il loro legame in Das Leben vor dem Tod. Le esitazioni sulle scelte chiave del film e la sovrapposizione dei diversi livelli di film e dei making-of, in cui la telecamera è esplicitamente inserita nell’immagine, parlano allora di una riflessività del film che coincide con la riflessione sul rapporto tra padre e figlio. Gregor simpatizza chiaramente con il padre, dandogli nel film molto spazio per parlare su una materia così complessa, come è quella che si nutre di bilanci di vita, rapporto alla morte, motivazione e credenze, amicizia, genitorialità. In questo modo sembra voler sventare il rischio del parricidio (variante intrigante del tema della morte), che sarebbe intrinseco a un certo uso del dispositivo film, nella misura in cui questo può rendere oggetto la persona davanti alla telecamera. Invece, il giovane regista non sfrutta il potere oggettivante della forma documentaristica, preferendo mescolare momenti di messinscena. A questo punto, quelli che da un punto di vista formale appaiono come aspetti deboli del film, ad esempio qualche incertezza sulla registrazione del suono e un color grading non ottimale, diventano paradossalmente delle risorse di Das Leben vor dem Tod, dal momento che esprimono fedelmente quell’impaccio e quell’inadeguatezza che abitano l’animo di Goffredo dinanzi alle dubbie sicurezze di Armin. Il rigore con cui Gregor mantiene il racconto all’interno della logica e della drammaturgia di un Kammerspiel assicura una dimensione ludica, non necessariamente documentaristica, al dramma dei due amici più regista (un “classico” triangolo, potremmo dire). A questo proposito, i momenti di musica – a volte diegetici – sottolineano proprio tale leggerezza, ma aggiungendovi una tonalità enigmatica insieme; in questo modo creano quella peculiare combinazione di mistero e ironia che caratterizza tutto il film di Gregor Frei, e che forse non vuol altro che esprimere la vita stessa, la vita “prima della morte” (vor dem Tod) ma anche, meglio, “dinanzi alla morte”.

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Das Leben vor dem Tod | Film | Gregor Frei | CH 2017 | 107' | Solothurner Filmtage 2018

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First published: May 18, 2018