Spaccapietre - Una promessa

[…] La contrapposizione senza sfumature tra prevaricatori e vinti; tra potenti e deboli; tra ricchi e poveri; tra belve e prede, non è una facile soluzione cinematografica, ma nasce da un'urgenza di denuncia sociale.

In un’Apulia agricola dai contorni imprecisati, in cui i pochi scorci oleografici, segnati dal frinire delle cicale, dal vento estivo, dall'oro dei campi, accentuano il contrasto tra la natura elegiaca ed un mondo antropico che ha poco di umano, si staglia, quasi scultura a sé stante, una diade indissolubile composta da padre e figlio, Giuseppe e Antò. Giuseppe, già privo di un occhio per un infortunio subito sul luogo di lavoro, si ritrova di colpo anche vedovo. Privo di tutela, e discriminato per la sua condizione fisica, è costretto ad accettare l'unico lavoro che gli viene offerto: quello di bracciante negli stessi campi dove sua moglie Angela ha da poco trovato una fine prematura per la troppa fatica (la nonna dei registi Gianluca e Massimo De Serio era deceduta in circostanze simili negli anni Cinquanta). L'autobiografia dei registi e i fatti di cronaca – il decesso negli stessi campi della bracciante Paola Clemente nel 2015 – sono la fonte di ispirazione, spirituale e politica, di un film che finalmente, a tre anni dalla sua prima mondiale al festival di Venezia (Giornate degli Autori), arriva ora in Svizzera.

In numerosi e memorabili sequenze – superlativa la recitazione di Salvatore Esposito e del piccolo Samuele Carrino – la cinepresa cattura, con iperrealistica attenzione ai dettagli dei gesti, momenti di una preziosa quotidianità familiare: il rito serale delle gocce di collirio versate dal bambino nell'occhio malato del padre; il gelato all'uscita da scuola, seduti contro la parete di un edificio antico su cui si proietta l'ombra di una pianta scossa dal vento; Giuseppe che lava Antò in una bacinella ormai troppo piccola per lui.

La lotta per un posto di lavoro sembra accomunare Giuseppe e Antò ad Antonio Ricci e Bruno, padre e figlio in Ladri di biciclette (1948). Ma l'analogia si ferma alla condizione di indigenza dei due personaggi quale motore dell'azione; alla predilezione per lunghi piani sequenza sui protagonisti che si muovono in un mondo estraneo alla loro sofferenza; all'utilizzo anche di attori non professionisti. Tuttavia la lotta tra poveri nell'Italia del dopoguerra ha un ordine morale, e c'è ancora una possibilità di riscatto; invece in questo film la lotta tra poveri inascoltati e ricchi sfruttatori è impari, perché gli spettatori assistono al perpetrarsi di un vero schiavismo moderno. Tra padre e figlio non si hanno conflitti – come invece accade nel film di Vittorio De Sica, perché i due non possono che rimanere uniti contro il duro destino. La ricerca del lavoro si trasforma infatti in lotta per la sopravvivenza in un tunnel senza via d'uscita, dominato dalla violenza fisica – molto forte quella delle immagini – e, soprattutto, psicologica; perché in quest'universo non vengono rispettate nemmeno le leggi più antiche – non scritte – che impongono di seppellire i morti (come succede al migrante gettato in una fossa).

La sceneggiatura è essenziale ma rigorosa, frutto di lunghe ricerche nella cronaca, ed è sostenuta da una recitazione spesso girata sul campo, quindi ispirata a fatti reali. Il personaggio di Antò porta avanti un intreccio che gli adulti lascerebbero nello stallo della dinamica tra vincitori e vinti rassegnati al loro ruolo: è lui a fare amicizia con il cane Stella, seguendolo dove alloggia la bracciante Rosa, e a conoscere così un'amica della sua mamma; è lui che, sul trattore, nota con il binocolo che Rosa è in pericolo; ed è ancora lui a salvare il padre colpendo il caporale con lo spaccapietre, con lo strumento di lavoro del nonno onesto «che non si era mai fatto mettere i piedi in testa» da nessuno (era spaccapietre anche il nonno paterno dei De Serio). Con una sequenza pulp, girata in soggettiva, Antò riesce così a rompere il circolo vizioso di sottomissione al caporale: è lui a prendere l'iniziativa e a colpirlo, accendendo anche la furia del padre, che poi attaccherà i complici sopraggiunti.

Il film dei fratelli De Serio gioca di continuo sull'ossimoro: da una parte il casale del capo depravato, puntellato di mobili pregiati, inquietanti totem di rispettabilità sociale di un'anima sporca per i quotidiani abusi su uomini, donne e animali, prede della sopraffazione (di cui i reperti archeologici rubati sono il simbolo); dall'altra le baracche dei braccianti stagionali: sporche, prive di tutto, anche di una lampadina, ma che non scalfiscono, con il loro squallore, la dignità di chi lavora in quei luoghi. La contrapposizione senza sfumature tra prevaricatori e vinti; tra potenti e deboli; tra ricchi e poveri; tra belve e prede, non è una facile soluzione cinematografica, ma nasce da un'urgenza di denuncia sociale.

La fotografia, insieme alla musica del gruppo Gatto Ciliegia, accentua la dimensione claustrofobica del lavoro nei campi, sotto il sole cocente, durante faticose trasferte, mentre la connotazione volutamente vaga dei luoghi fa sì che la violenza esibita nei rapporti umani sia non solo accusa verso uno specifico sistema sociale corrotto, ma forse anche amara constatazione della tragica condizione esistenziale dell'umanità, le cui relazioni – sembrano dire i registi – si basano in buona parte sulla legge del più forte.

Il finale è però aperto e offre un barlume di speranza: lo spettatore non sa quale futuro attende Giuseppe, ferito e intrappolato nella casa del caporale. Forse questo padre non è riuscito a proteggere Antò, esponendolo anzitempo ad un mondo brutale, ma sicuramente ha mantenuto fede alla sua promessa di far tornare Angela da suo figlio. Infatti nell'ultima sequenza il viso di Rosa, che corre per fuggire dai caporali tenendo Antò per mano, sfuma in modo surreale in quello di Angela. “Mamma” e figlio si guardano per un istante, mentre scappano trafelati: ora sono di nuovo insieme. Giuseppe, lo “spaccapietre”, sacrificandosi, ha mantenuto la sua promessa di padre.

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Spaccapietre – Una promessa | Film | Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio | BE-FR-IT 2020 | 104’ | CH-Distribution: Noha Film

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First published: December 10, 2023