La paranza dei bambini

[…] La musica melodica di Tony Colombo e dei neomelodici napoletani, il montaggio serrato, il dialetto, la scelta di attori non professionisti, la fotografia di Daniele Ciprì, gli interni dei bassi di Napoli, immergono lo spettatore nella realtà sociale di un gruppo di quindicenni, descritta con puntualità documentaria.

[…] Di fronte a un mondo adulto che si ritrae, che è assente o, addirittura, compiacente, i bambini crescono in fretta – e non nella direzione più giusta – e rimpiazzano i boss deceduti, in un delirio di potere che trasforma la loro risata infantile in macabro ghigno.

Text: Maria Di Salvatore | Audio/Video: Lena von Tscharner

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Text: Maria Di Salvatore | Reading: Eleni Molos | Editing: Lena von Tscharner

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Accecati dalle luci, come i piccoli pesci della paranza che salgono dal fondo del mare e restano impigliati nelle reti, i bambini della Sanità corrono, di notte, a rubare lo sfavillante albero di Natale nella Galleria Umberto I per portarlo nel loro quartiere, tra la gente, dove secondo loro è giusto che sia. È con le decorazioni natalizie cittadine, simbolo tangibile di esclusione sociale più che di solidarietà, che si apre questo bel film di Claudio Giovannesi. Corre veloce il ritmo de La paranza dei bambini (basato sull'omonimo romanzo di Roberto Saviano), come il rombo dei motorini che sfrecciano frenetici per i vicoli di Napoli, come l'adolescenza concitata di Nicola (un versatile Francesco Di Napoli) e dei suoi amici, mentre la musica melodica di Tony Colombo e dei neomelodici napoletani, il montaggio serrato, il dialetto, la scelta di attori non professionisti, la fotografia di Daniele Ciprì, gli interni dei bassi di Napoli, immergono lo spettatore nella realtà sociale di un gruppo di quindicenni, descritta con puntualità documentaria. È esemplare la sequenza del matrimonio della nipote di un boss, con le ballerine di samba, i “guaglioni” adattati a camerieri per l'occasione, l'arrivo inatteso della polizia, tutto osservato dal punto di vista di Nicola, con una pregnanza che supera le pagine del romanzo.

Il film però non è solo un'analisi con camera a mano dei “guaglioni” che entrano nel sistema camorristico – cioè un Ragazzi di vita pasoliniano dei tempi moderni – né solo una storia di bande rivali del rione Sanità e dei quartieri Spagnoli – come nel film The Outsiders (I ragazzi della 56ma strada) di Francis Ford Coppola – ma è soprattutto il ritratto di una stagione della vita, l'adolescenza (tema caro al regista), in cui le decisioni più importanti, prese spesso in modo facile e impulsivo, possono segnare il destino per sempre. Il protagonista, di famiglia umile ma onesta (la madre ha una stireria), da una parte ha già assorbito il male del consumismo: vuole entrare subito nel locale più "in" e pagare un tavolo da 500 euro per seguire la sua innamorata Letizia (Viviana Aprea, dalla bellezza di porcellana), dall'altra è invece spinto da un genuino desiderio di riscatto sociale, difeso con rabbia e consapevolezza («non so giocare al pallone, qui non ho alternative lavorative»).

Come se il fine giustificasse i mezzi, Nicola si erge quasi a giustiziere senza paura, pronto a restituire il suo quartiere alla sua gente, a sfidare il boss (di un altro rione) perché la madre e gli altri esercenti non paghino più la tangente. Vulnerabile e idealista, criminale e compassionevole, racchiude in sé tutto il male e tutto il bene possibili, mentre porta avanti una strana battaglia, trascinando con sé i suoi affetti più cari: amici, fratello, fidanzata. Nicola e i suoi coetanei passano così dal gioco al pallone a quello con le pistole, in una sorta di insolita iniziazione all'età adulta, vissuta con leggerezza e temerarietà verso il pericolo. Il film, molto più del romanzo di Saviano, mette a fuoco quasi esclusivamente la vita di questi ragazzini, lasciando sullo sfondo un'ipotetica scuola, le famiglie, eventuali associazioni di quartiere, insomma tutte quelle istituzioni che, se fossero più presenti nella quotidianità dei ragazzi, forse eviterebbero l'insidioso scivolamento in una realtà criminale da cui sembra poi impossibile uscire. L'unica autorità è la polizia, ma arriva tardi, mentre il Sistema andrebbe sradicato molto prima, portando i ragazzi lontano dalla strada. Di fronte a un mondo adulto che si ritrae (i negozianti rassegnati all'estorsione), che è assente o, addirittura, compiacente (la madre di Nicola accetta senza spiegazioni i nuovi mobili costosi comprati dal figlio), i bambini crescono in fretta – e non nella direzione più giusta – e rimpiazzano i boss deceduti, in un delirio di potere che trasforma la loro risata infantile in macabro ghigno. Infatti con il progredire del film i volti dei personaggi – espressivi nei frequenti primissimi piani del regista – appaiono sempre più terrei, bui, cadaverici.

La Napoli del film è quella labirintica dei vicoli, con «i palazzi attaccati ai palazzi, i balconi che si baciano davvero» (per dirla con le parole di Saviano), che sembra non offrire vie di fuga e aperture, quasi il mare non la bagnasse, come negli scritti di Anna Maria Ortese. Nicola, ormai accerchiato da nemici pronti alla vendetta, sogna di fuggire con la fidanzata in Puglia al mare, per evitare l'orrore che lo attende e vivere la spensieratezza della sua età. Eppure la città partenopea è lì, con il fastoso teatro San Carlo (in un palchetto il primo bacio di Nicola e Letizia), con il suo bellissimo lungomare al tramonto (qui la spiaggetta dove si incontrano Nicola e Letizia), con la sua ricca storia (i ragazzini si riuniscono nelle cave di tufo tra i teschi del secolare cimitero delle Fontanelle): è una città che appare dimentica di sé, del suo passato, delle sue tradizioni. E il film ci ricorda anche tutto questo, tra le righe, mentre i giovani divorano crostatine industriali e patatine, omologando i loro gusti a quelli di gran parte del globo.

Il film, pregevole per la capacità di condensare un romanzo ricchissimo di dati in un'opera cinematografica agile (premio a Berlino per la sceneggiatura per Saviano, Giovannesi e Maurizio Braucci), offre un punto di vista molto chiaro sulla realtà. Non è solo documento e inchiesta, ma anche esortazione, denuncia, perché punta l'indice in direzione di tutte le potenzialità umane e culturali trascurate e accusa un degrado umano e sociale verso il quale si può e si deve intervenire a Napoli, come in altre città.

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La paranza dei bambini | Film | Claudio Giovannesi | IT 2019 | 110’

Silver Bear for Best Screenplay at the Berlinale 2019

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First published: February 27, 2019