Cleo comincia come uno spot pubblicitario della città di Berlino e in realtà non si distanzia quasi mai dalla sua vocazione illustrativa. Il genere racconto d’avventura e una storia d’amore continuamente annunciata e lungamente rimandata sono entrambi immersi in una fotografia costituita sostanzialmente da un’inarrestabile sequela di cartoline turistiche della capitale tedesca. Eroi e cliché della storia di Berlino sono fusi e confusi in un allegro carosello panoramico. Ce ne sarebbe, dunque, per irritare lo spettatore costretto a ingurgitare un punto esclamativo dietro l’altro. Ma si tratta ben di un film esplicitamente confezionato per i bambini. E allora, per quanto ci sarebbe da domandarsi se i più piccoli abbiano veramente bisogno di continuo stimolo e animazione – secondo un modello di ipervitalità che abolisce le pause e la “sacra noia infantile” –, lo spettatore adulto non potrà non apprezzare una sana distanza dai dogmi americani del politically correct e dal patetico moralismo alla Disney. Quasi fossimo in un antico racconto, familiari e cari muoiono come mosche e, pur sempre al riparo di una spessa patina caricaturale, l’avventura di Cleo (una convincente Marleen Lohse) non arretra, per esempio, dinanzi alla curiosità (certo turistica) per un sottobosco di malfattori, alcolizzati e ballerine seminude.

Ma anche per i meno piccoli Cleo sa far dimenticare un certo autocompiacimento e l’assillante volontà di affascinare ad ogni momento, perfettamente incarnati dalla figura stucchevole di Paul (un Jeremy Mockridge piattamente entusiasta, sempre e comunque). Infatti, Erik Schmitt è abilissimo ad appropriarsi dei codici visivi delle nuove generazioni, dalla prospettiva GoPro allo scorrimento letteralmente digitale delle immagini, per calarli in un caleidoscopio di idee filmiche originali e divertenti. Più che ricorrere agli effetti speciali di After Effects, il regista celebra una manipolazione sovente analogica dell’immagine, dove predominano collage, inversioni di prospettiva, deformazioni ottiche. Cleo comunica tutto il piacere dell’illusionismo caro agli esordi del cinema, impartendo così ai più (e meno) piccoli la “buona” lezione di una manipolazione accessibile e controllabile delle immagini, al riparo dalle “cattive” abitudini di app e software che rifilano sofisticazioni pronte e predigerite. E questa lezione vale certamente più della consueta morale romantica dell’aprirsi agli altri superando i traumi infantili con ottimismo e buon umore.

Infine, ancora più dell’informato casting di personaggi e location berlinesi, il film di Erik Schmitt merita una lode perché ci permette di fare l’esperienza – ahimè sempre più rara al cinema – di immedesimarci in una protagonista il cui mondo è talmente e costantemente trasfigurato, in una perfetta fusione di immaginazione e realtà, che finiamo per sentire quella speciale coincidenza tra interiorità della protagonista del film e solitudine cinematografica dello spettatore del film. Un’esperienza di meditazione unica di cui il cinema, quando sa liberarsi delle penose zavorre del realismo, è veicolo d’eccellenza.

  

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Screenings at the online edition of the Festival Castellinaria (Bellinzona) 2020 until 29.11.2020


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Cleo | Film | Erik Schmitt | DE 2019 | 101’ | Festival Castellinaria Bellinzona 2020

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First published: November 17, 2020