I, Daniel Blake

[…] Loach ci mette subito dalla parte degli oppressi, di chi ha tuttavia ancora tale rispetto per se stesso da continuare a lottare per far valere i propri diritti. In questo film non c’è indulgenza verso chi ha in qualche modo il potere: lo Stato, i suoi funzionari, gli operatori telefonici, gli organizzatori di seminari per redigere un curriculum eccezionale.

[…] Uno sguardo cinico sul mondo non è l’alternativa che Loach intende additarci. Daniel è ancora capace, nonostante tutto, di guardare il prossimo dritto negli occhi e di offrire la sua competenza, il suo aiuto con onestà.

Durante la visione di «I, Daniel Blake» lo spettatore è immerso in una realtà sociale, temporale e geografica specifica: la condizione attuale di un anziano carpentiere nell’Inghilterra del Nord Est (Newcastle upon Tyne). L’impressione di realismo è accentuata anche dalla scelta di attori che provengono dallo stesso ambiente dei personaggi del film (peccato pertanto il ricorso al doppiaggio in italiano), dalla scelta di una luce naturale, di un uso oculato della musica e di poche soggettive. Eppure il film riesce a raccontare situazioni e drammi che potrebbero aver luogo in un qualsiasi altro Paese occidentale, dove ugualmente si sta assistendo a un progressivo inasprimento delle condizioni economiche delle classi più deboli, dove è facile scivolare dalla normalità all’indigenza e non poter più contare su uno stipendio, su una casa, sul necessario per sopravvivere.

Le peripezie di Daniel, reduce da un infarto e alle prese con la richiesta di un sussidio di invalidità, si incrociano con quelle di Katie, madre single di due bambini, costretta a trasferirsi da Londra nella provincia, per ottenere un appartamento sussidiato adeguato alla sua famiglia. Ci sembra di percorrere, insieme a Daniel, le stesse strade grigie, di sostare sulla porta degli stessi appartamenti – tutti uguali – di mattoncini rossi all’esterno e di rigoroso squallore all’interno, di osservare gli stessi capannoni in cerca di lavoro, di trascorrere insieme ore in biblioteca per imparare a usare un computer e al centro per l’impiego a litigare con funzionari impersonali e privi di buon senso. Loach ci mette subito dalla parte degli oppressi, di chi ha tuttavia ancora tale rispetto per se stesso da continuare a lottare per far valere i propri diritti. In questo film non c’è indulgenza verso chi ha in qualche modo il potere: lo Stato, i suoi funzionari, gli operatori telefonici, gli organizzatori di seminari per redigere un curriculum eccezionale (Daniel trova lavoro invece presentando un curriculum scritto a matita, ma deve rifiutare l’offerta).

Riemersi in tempo dai trailer assordanti che precedono ogni proiezione nelle sale cinematografiche, ci si ritrova di fronte a un film semplice eppure forte, dove una burocrazia ipocrita, designata solo per scoraggiare i cittadini (Daniel dovrà impegnarsi a trovare un impiego per avere l’indennità di disoccupazione, in attesa di vincere il ricorso per l’invalidità), non ha tuttavia la meglio. Uno sguardo cinico sul mondo non è l’alternativa che Loach intende additarci. Daniel è ancora capace, nonostante tutto, di guardare il prossimo dritto negli occhi e di offrire la sua competenza, il suo aiuto con onestà (quando è costretto a dar via i suoi mobili per sopravvivere, si rifiuterà di vendere i suoi attrezzi e i suoi manufatti in legno). Di fronte a tanto sconforto trionfano così i valori positivi di affetto e solidarietà, ben espressi nell’amicizia di Daniel e Katie («Daniel mi ha dato qualcosa che il denaro non può comprare»).

I due protagonisti condividono le loro sventure, mentre intorno a loro si apre una finestra più ampia anche sulla situazione giovanile, caratterizzata dallo sfruttamento del lavoro e, di contro, dalla disponibilità a fare qualsiasi cosa – senza scrupoli morali – pur di guadagnare: come accade a Katie che, prossima all’inedia (toccante la scena della spesa alla Banca del cibo), si ritrova prima a rubare in un supermercato e poi a vendere se stessa; oppure al giovane vicino di Daniel che, stanco di una paga “cinese” di poco più di 3 sterline all’ora, decide di darsi al contrabbando di scarpe da ginnastica. Tra i deboli, che il sistema calpesta, Loach include anche i bambini: da un lato c’è Daisy, la figlia di Katie, matura e sensibile, ma bistrattata dalle compagne di scuola, che la deridono perché ha le scarpe rotte; dall’altro il piccolo Dylan, irrequieto, ossessivo, che ha sofferto per i continui traslochi, per aver vissuto in abitazioni umide e anguste.

L’inquadratura su Daniel, che ricopre il muro esterno del centro per l’impiego con l’inchiostro nero di una bomboletta spray, sembra una fotografia della società odierna: anziani borghesi sull’autobus impietriti e passivi, uomini indifferenti che camminano senza voltarsi, funzionari del centro per l’impiego pronti a chiamare la polizia, altri “utenti” dello stesso centro e alcuni giovani usciti ubriachi da un pub che applaudono come se la scena fosse divertente, mentre l’unica persona simpatizzante con Daniel è un uomo più provato di lui, che decide di prestargli addirittura la sua giacca.

Il film si apre con lo schermo nero e la voce fuori campo di Daniel che, con umorismo e combattività, risponde a tono alla professionista sanitaria che gli pone un questionario sul suo stato di salute. Al contrario, al termine della pellicola, Daniel non è più la stessa persona: è stato umiliato e prostrato psicologicamente, è un uomo che si ritrova di colpo invecchiato e indebolito. Il suo viso dalla barba ormai incolta ha bisogno di acqua fresca prima dell’incontro per il ricorso e un graduale primissimo piano lentamente sfocato ci fa presagire l’irreparabile. Daniel non reggerà a tutto questo. Lui che amava intagliare pesciolini di legno non avrebbe dovuto “remare contro” per tutta la vita. Una persona come lui si meritava, alla sua età, di navigare con il vento in poppa. E proprio questo era stato l’ultimo desiderio della moglie di Daniel prima di morire, mentre ascoltava ancora una volta la sua canzone preferita, “Sailing by”, la canzone trasmessa prima dell’ultimo bollettino meteo per i marinai alla BBC radio 4 (un omaggio all’emittente dove Loach ha lavorato per tanti anni?), quella canzone che Daniel aveva fatto ascoltare con commozione ai bambini di Katie.

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I, Daniel Blake | Film | Ken Loach | UK-FR-BE 2016 | 97’ | Palme d’Or at Festival de Cannes 2016; Prix du Public at Festival del film Locarno 2016

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First published: November 23, 2016